L’articolo fornisce alcune indicazioni di massima con riferimento al trattamento fiscale dei redditi di lavoro dipendente prestato all’estero da un soggetto residente in Italia.
Autore Dott. Roberto Tomasi, Dottore Commercialista, Revisore legale dei conti
1.Disposizioni generali
Ai sensi dell’art. 3 del DPR 917/86, i soggetti residenti sono assoggettati a tassazione in Italia in relazione a tutti i redditi posseduti, anche se prodotti all’estero (worldwide taxation principle).
Il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero da una persona fisica residente in Italia concorre, quindi, alla determinazione della base imponibile IRPEF.
Il medesimo reddito sarà, generalmente, sottoposto ad imposizione anche nello Stato estero generando fenomeni di doppia imposizione che sono disciplinati e risolti dalle Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. Le Convenzioni si rifanno alla disciplina contenuta nell’art. 15 del modello OCSE.
L’art. 15 del modello OCSE fissa il principio generale di tassazione concorrente: il medesimo reddito è sottoposto a tassazione sia nel Paese di residenza sia nel Paese in cui è svolta l’attività lavorativa. In questi casi, l’imposta pagata all’estero è scomputata da quella italiana secondo le regole di cui all’art. 165 del DPR 917/86.
In deroga al principio generale, il paragrafo 2 dell’art. 15 del modello OCSE prevede, a determinate condizioni, l’esenzione da tassazione nello Stato dove è svolta l’attività di lavoro dipendente e, quindi, la tassazione nel solo Stato di residenza del lavoratore. Le condizioni sono le seguenti:
- il lavoratore deve soggiornare nello Stato in cui svolge l’attività lavorativa per un periodo che non oltrepassa, in totale, i 183 giorni nel corso di un periodo di 12 mesi, che inizi o che termini nell’anno fiscale considerato;
- le remunerazioni siano pagate da un datore di lavoro [da individuarsi secondo criteri sostanziali] che non è residente nello Stato dove è svolta l’attività di lavoro dipendente;
- l’onere per la remunerazione non sia sostenuto da una stabile organizzazione, o da una base fissa, di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui è svolta l’attività lavorativa.
In tale circostanza [tassazione esclusiva in Italia, ossia nello Stato di residenza], le imposte estere non possono essere recuperate tramite il meccanismo di cui all’art. 165 del DPR 917/86 ma devono essere richieste a rimborso.
2. Modalità di tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera.
Tralasciando le disposizioni inerenti ai c.d. “lavoratori frontalieri”, i redditi derivanti da attività di lavoro dipendente prestato all’estero sono imponibili in Italia secondo due modalità:
- regime “ordinario”;
- tassazione secondo le c.d. “retribuzioni convenzionali”.
La tassazione secondo le c.d. “retribuzioni convenzionali” si applica, ai sensi dell’art. 51 comma 8 bis del DPR 917/86, qualora il reddito da lavoro dipendente derivi da attività prestata all’estero da soggetti che soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi.
2.1 Regime ordinario
Qualora risulti applicabile il regime ordinario (che si applica a tutti i lavoratori all’estero, se non ricorrono le condizioni per la tassazione secondo i criteri delle retribuzioni convenzionali o dei lavoratori frontalieri) occorre rideterminare il reddito estero secondo la normativa fiscale italiana [ciò implica un ricalcolo della “busta paga” estera]. Il reddito così ricalcolato è assunto al netto dei contributi versati nello Stato estero.
Il reddito estero concorre al reddito complessivo del contribuente residente in Italia e sullo stesso sono dovute le aliquote IRPEF (progressive) e le addizionali.
Il contribuente detrae dall’imposta italiana l’imposta estera (assunta in misura piena) nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 165 del DPR 917/86.
2.2.Tassazione secondo le c.d. “retribuzioni convenzionali”
Ai sensi dell’art. 51 co-8 bis del TUIR, il reddito di lavoro dipendente derivante da attività prestata all’estero, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, da soggetti che soggiornano all’estero per un periodo superiore ai 183 giorni nell’arco di 12 mesi è determinato, forfettariamente, sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente da apposito decreto ministeriale.
Il requisito della continuatività ed esclusività della prestazione lavorativa esclude l’applicazione del regime delle retribuzioni convenzionali qualora l’attività prestata sia limitata ad uno specifico incarico oppure sia accessoria o strumentale rispetto all’attività svolta in Italia – salvo il c.d. “distacco” all’estero.
Le retribuzioni convenzionali sono determinate con riferimento a operai, impiegati, quadri e dirigenti, a loro volte suddivisi in fasce, livelli e categorie [emerge che non è sempre semplice, se non già indicato nel contratto di lavoro, individuare la corretta categoria lavorativa e, quindi, il corrispondente reddito convenzionale].
In caso di applicazione del criterio delle retribuzioni convenzionali, le imposte corrisposte all’estero non saranno riconosciute per intero ma in base al rapporto fra il reddito convenzionale (al netto dei contributi) ed il reddito rideterminato secondo criteri effettivi (al netto dei contributi). Tale importo andrà, infine, moltiplicato per il rapporto tra il reddito estero e il reddito complessivo.